Storia della nostra terra
Che cosa è la Maremma? O meglio cos'era? Con la caduta dell'Impero Romano, la rovina delle opere idrauliche etrusche, l'impaludamento dei terreni, l'invasione delle zanzare, l'abbandono di grandi territori e la scomparsa di intere città (come Vulci), la costa del Tirreno centrale divenne una palude immensa, definita Maremma. La vera e propria Maremma Laziale andava da Montalto di Castro al Tevere; mentre la zona costiera e paludosa tra il Tevere ed il Circeo veniva definita “Paludi Pontine”. Era una zona talmente malsana che rimase disabitata per secoli, eccettuate poche città che si affacciavano sulla costa (Civitavecchia ed Ostia) o sulle distese paludose della Maremma Laziale (come Montalto e Corneto, oggi Tarquinia) e delle Paludi Pontine (come Sermoneta e Fondi ) e dell'Agro Romano. La vita degli abitanti dipendeva direttamente dalla malaria che ai primi caldi non lasciava scampo; pochissimi vivevano tutto l'anno in quei posti. Così, all'arrivo dell'estate, iniziava l'esodo verso terre meno ostili: gli animali venivano spostati con lunghe transumanze, le città ed i paesi si svuotavano, tutte le attività terminavano fino al nuovo autunno. In queste zone, ma anche nella disabitata Campagna Romana, nel 1700 e 1800, si sviluppò intensamente l'allevamento brado di bovini e di cavalli, in immensi latifondi.
I butteri badavano al bestiame brado, allevato negli immensi latifondi della Maremma. Marchiavano il bestiame ed i cavalli, domavano i puledri, ma tali incombenze li occupavano solo in certi momenti dell'anno. Per il resto del tempo, sempre con il loro cavallo, dal mattino prima dell'alba fino al tramonto: per sorvegliare mandrie di vacche e branchi di cavalli, per spostarli nelle varie stagioni dove l'erba era migliorie, per radunarli quando era necessario. Sia che fossero al lavoro dietro le vacche al pascolo, sia che si esibissero durante le feste collegate ai riti stagionali dell'allevamento, i butteri adottavano un tipo di monta detta “da lavoro”. La sua sella ( a pallino, bardella o scafarda che fosse) era ed è, per i pochi che ancora la usano, una specie di pesante e comoda poltrona. La posizione del buttero risulta più arretrata sull'arcione, le gambe sono più distese, le staffe più lunghe, gli impulsi inviati al cavallo, per condurlo nella direzione e all'andatura desiderata, partono da una sola mano, poiché l'altra può essere impegnata a maneggiare il pungolo o ad aprire un cancello.